Vi siete mai chiesti perché è meglio scegliere un SSD invece che un HDD?
Negli ultimi decenni abbiamo avuto un espansione informatica veramente eccezionale.
Molto spesso non si riesce a star dietro alle innovazioni, un pò per pigrizia e un pò per una questione economica.
Un esempio eclatante sono gli Hard Disk nei nostri computer, i nostri magazzini di informazione che ci danno la possibilità di conservare per anni i nostri dati come file o immagini.
Ma perché scegliere un SSD invece di un HDD normale?
Gli Solid State Disk (SSD) sono un notevole passo avanti nella tecnologia dell’archiviazione di dati e il suo funzionamento è totalmente diverso dal concetto tradizionale.
Un SSD è formato da moduli di memoria Flash in grado di conservare l’informazione archiviata anche nel caso in cui l’alimentazione elettrica venisse a mancare.
Questo garantisce performance migliori – in qualche modo paragonabili a quelle della memoria RAM – ma rappresenta anche il tallone d’Achille dei dischi a stato solido. Il materiale di cui si compongono le celle di memoria, infatti, non è “immortale”, ma degrada sempre di più (perde la propria capacità di conservare la carica elettrica) mano a mano che viene scritto e sovrascritto.
A grandi linee, un disco SSD funziona in questo modo. Se, per esempio, è necessario scrivere una nuova informazione nella cella 1, ospitata nella pagina A e facente parte del blocco “Alfa”, il driver dovrà prima cancellare tutto ciò che è presente nel blocco “Alfa”, scrivere i nuovi dati nella cella 1 e riscrivere tutti i dati che erano già presenti nelle altre celle della pagina A e in tutte le altre pagine del blocco “Alfa”. Insomma, se si deve scrivere su una singola cella, anche tutte le celle limitrofe dovranno essere riscritte da capo. Va da sé che a rimetterci è “l’aspettativa di vita” del disco, destinata inesorabilmente ad accorciarsi ogni volta che dobbiamo scriverci sopra una nuova informazione.
I vecchi dischi rigidi (HDD), siano essi da 3,5 o 2,5 pollici, basano il loro funzionamento su una serie di piatti rotanti sui quali scorre una testina in grado di modificarne lo stato di magnetizzazione. I piatti, infatti, sono solitamente realizzati in vetro o alluminio e ricoperti da un sottile strato di metallo, suddiviso in micro-cellette, che possono essere magnetizzate o smagnetizzate (assumendo così i valori di “0” e “1” nell’ottica del calcolo digitale e binario).
Il processo di scrittura dei dati è piuttosto semplice e lineare. La testina dell’harddisk, seguendo le istruzioni in arrivo dal processore, si posiziona sul settore del disco da modificare e, una volta individuate le celle, ne altera lo stato magneticocosì da comporre la sequenza dati necessaria per archiviare i dati. Il funzionamento appena descritto è lo stesso sia in caso di celle vuote, sia in caso di celle piene con dati da sovrascrivere.
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